Lo psichiatra Vittorino Andreoli al “M. Immacolata” di S. Giovanni Rotondo

Alunni e docenti della classe 5^A del Liceo delle Scienze Umane dell’Istituto “Maria Immacolata” Mercoledì 19 Settembre hanno partecipato alla seconda giornata del “Convegno sulle Stimmate di San Pio da Pietrelcina”, presso l’Auditorium “Maria Pyle” della Chiesa di San Pio.

Moderato da Luigi Borriello, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione San Luigi di Napoli, l’incontro ha visto conferire il noto psichiatra e scrittore, prof. Vittorino Andreoli sul tema “Il corpo e il linguaggio del dolore” e il cappuccino Francesco Neri, teologo e Vice Preside della Facoltà Teologica pugliese su “Le stigmate di Francesco di Assisi e Pio da Pietrelcina: amore, sofferenza e bellezza”.

Il laico Andreoli si dice affascinato dalla figura dello stigmatizzato del Gargano, nel quale riconosce uno straordinario equilibrio tra l’uomo e l’uomo di Dio. Per questo equilibrio lo apprezza enormemente.

Cita frasi, estrapolate dal folto Epistolario del Santo, paradigmatiche, a suo dire, di quel bisogno assoluto di Dio che il frate aveva, un bisogno che non lo allontanava dai fratelli, non lo portava all’isolamento, ma, al contrario, lo rendeva strumento di carità, proiettato nella Croce.

E per amore di questa, capace di accettare le stimmate.

Di resistere con paziente umiltà alle incomprensioni, alle umiliazioni che non gli sono mancate.

Scienza e Teologia non devono necessariamente scontrarsi, perché, dice Andreoli, “la Scienza ha un limite, essa scopre, ma non è tutta la verità.

C’è qualcosa al di fuori della Scienza. La Teologia si occupa di ciò che trascende”.

Raccomanda ai giovani studenti di coltivare relazioni vere, non virtuali.

L’uomo ha bisogno di sentire l’altro. Perché, spiega, l’uomo è fatto di tre parti: Biologia, Personalità, “Ambiente”.

Viene più volte applaudito.

Durante la tavola rotonda, Andreoli ribadisce che è necessario essere capaci di sopportare il dolore, perché esso ci fa amare ed essere amati. Non bisogna fuggirlo, reprimerlo o esorcizzarlo. Provare dolore è qualcosa che fa crescere; è attraverso il dolore che si arriva alla gioia.

Sono queste le parole che più mi hanno colpita: quando la sofferenza arriva nella nostra vita, dobbiamo accettarla e farne un punto di forza!”, commenta Lella, un’alunna della classe.

Andreoli aveva detto, minuti prima, di preferire la parola gioia alla parola felicità.

E lo regala davvero un momento di gioia non sottraendosi alla foto ricordo. (Maria Mondelli)

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