Giorno del Ricordo, anche due sammarchesi trucidati e gettati nelle foibe

Le proporzioni esatte della tragedia, ancora oggi, non hanno confini certi ma si stima che nel periodo tra il 1943 e il 1947 gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case siano stati almeno 250mila con circa 20mila vittime. Diverse migliaia tra queste, tra le 4mila e le 6mila, hanno perso la vita all’interno delle foibe: profonde cavità naturali tipiche delle aree carsiche, dove venivano abbandonati i corpi dei giustiziati. Alcune delle più tristemente famose sono quelle di Vines, in Istria, nelle quali vennero recuperati, nel 1943, 84 corpi, e il pozzo di Basovizza, nei pressi di Trieste. Secondo le ricostruzioni, i condannati venivano legati l’uno all’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi e disposti lungo gli argini delle foibe. A quel punto i membri delle milizie titine erano soliti sparare solo ad alcuni di loro, che una volta colpiti cadevano nelle grotte portandosi dietro l’intera fila. In molti sono morti tra crudeli sofferenze, dopo giorni ammassati sui cadaveri degli altri condannati.

Anche San Marco in Lamis pagò il suo tributo di sangue con l’uccisione di due giovani poliziotti alle dipendenze della Questura di Gorizia. Si tratta di Antonio Delle Vergini e di Michele Napolitano.

Secondo quanto riportato dal sito cadutipolizia.it, Napolitano Michele, a soli 23 anni, cadde in combattimento contro i partigiani jugoslavi il 2 dicembre 1944 a Ville Montevecchio, nei pressi di Gorizia, insieme al brigadiere Aldo Caccavalle e alle guardie Pasquale Colarusso, Mario Fratta, Rosario Gugliotta, e Francesco Quartulli. Nella stessa azione rimasero feriti gli agenti ausiliari Francesco Aurisicchio e Paolino Forcisi, destinati ad essere catturati dai partigiani jugoslavi al momento della conquista di Gorizia nel maggio 1945 e uccisi.

Antonio Delle Vergini

Antonio Delle Vergini, 28 anni, invece fu arrestato il 2 maggio 1945 dai partigiani jugoslavi all’interno della caserma di Polizia di Via Santa Chiara a Gorizia.

Il 30  Aprile 1945 con la ritirata tedesca da Gorizia gli agenti di Polizia della Questura di Gorizia, molti dei quali collegati al C.L.N. ( Comitato di Liberazione Nazionale) ed alla Resistenza, si unirono ai Carabinieri, alla Guardia Civica di Gorizia, ai civili ed ai partigiani locali per formare delle squadre armate che avrebbero dovuto prendere il controllo della città in attesa dell’arrivo degli Alleati. Le Guardie di Pubblica Sicurezza della Questura di Gorizia protessero la città quando, in mattinata giunse la milizia jugoslava nazionalista dei cetnici, scontrandosi contro di essa.

Durante i combattimenti gli agenti vennero contattati da un sottufficiale del Regio Esercito Italiano che combatteva con la Resistenza italiana, il quale  consigliò loro di abbandonare la città, per evitare problemi con i partigiani jugoslavi, ormai alla periferia di Gorizia. La maggior parte delle Guardie di Pubblica Sicurezza, ritenendo di non avere colpe e di avere compiuto il proprio dovere, decise di restare al proprio posto.

Furono tutti arrestati dai partigiani jugoslavi del IX Corpus nei giorni successivi e deportati. Delle Vergini fu trucidato e morì nella Foiba di Zavni.

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