Quel muro che divide e che unisce i sentimenti
Oggi, alle ore 18.00, presso l’Auditorium della Biblioteca Comunale presentazione del romanzo “Il muro” di Giuseppe Delle Vergini
di Luigi Ciavarella
Con l’approssimarsi delle festività natalizie si moltiplicano in paese le iniziative culturali, per il momento rivolte soltanto alle vicende letterarie. In attesa di futuri eventi, la più interessante sembra essere la presentazione del romanzo di Giuseppe Delle Vergini dal titolo “Il muro”, uscito un anno fa per conto della Pathos e che avverrà questa sera presso l’auditorium della Biblioteca del paese alle ore 18. Converseranno con l’autore Carla Bonfitto (che ha curato anche la prefazione del volume), Gian Pasquale La Riccia e Stefano De Luca.
L’Autore è residente a Firenze, dove si occupa in particolare di diritti dei migranti e diritti umani, giunto a questo pregevolissimo lavoro dopo la pubblicazione finora di una mezza dozzina di libri tra documentari sul mondo dei migranti, romanzi (“Racconti fumiganti e rubicondi”) e noir come “Colorato di giallo, bordato di rosso” (quest’ultimo, presentato anche a San Marco in Lamis nell’ambito della rassegna “Pagine d’Autore” qualche anno fa).
Non nascondo di essermi avvicinato a questo romanzo incuriosito dal fulminante titolo “Il muro”, quattro lettere che mi hanno aperto d’incanto un immaginario infinito di suggestioni poiché evidentemente il termine non può rappresentare soltanto una sequenza di mattoni disposti l’uno accanto all’altro. Ma il Muro (lettera maiuscolo d’obbligo) era fondamentalmente per me: “The Wall”, l’album che i Pink Floyd realizzarono nel 1979 sulla scorta di un progetto musicale che dava forza a termini come alienazioni, psicanalisi e disturbi della personalità, legati alle paure ataviche dell’umanità. Insomma una visione angosciante del mondo divisa tra passato, presente e futuro, che Roger Waters (il leader della formazione) prova a dare sostanza attraverso una musica introspettiva, volutamente spigolosa, dai tratti sonori a volte marziali, visionaria, chiusa nel suo pessimismo più viscerale.
Sarà l’ultimo sussulto di qualità della band inglese, dopo questo album i Pink Floyd non avranno più altro da dirci e si perderanno in tanti dischi di routine.
Però il “Muro” rimane sottopelle al punto che quando qualcuno lo cita ecco che ci trasporta all’improvviso verso quei suoni e quelle immagini del passato legate all’album e, sopratutto, ai due concerti storici che ne seguirono in cui si son viste scene impossibili con decine di muratori intenti a costruire un vero muro di mattoni sul palco davanti alla band che sta suonando “The Wall”, oscurando lentamente, man mano che la costruzione procede, la loro presenza alla vista del pubblico fino a farli scomparire del tutto.
Ma il “Muro” di cui parla lo scrittore Giuseppe Delle Vergini, seppure abbia una correlazione direi fondamentale con la musica, che unisce le vicende dei due protagonisti del romanzo, ha sullo sfondo una terra dove si consuma una delle tragedie più disumane del nostro tempo: la guerra strisciante tra palestinesi e israeliani, sporca e cattiva, fatta di attentati sanguinari e vendette altrettanto feroci da parte dello stato; dove in mezzo troviamo una popolazione stremata da anni di sofferenza e di morte, di fame e distruzioni, e di cui, per qualche ragione, non vi si intravedono segni di pace all’orizzonte. In questo tremendo scenario di distruzione avviene l’incontro tra Omar, ragazzino palestinese e Ilda, ebrea italiana che si è trasferita a Gerusalemme, ritrovatisi casualmente in una capitale insicura, grazie alla musica. Infatti quando Ilda, che è insegnante di musica, si prenderà cura di istruire il giovane palestinese a suonare il flauto, nasce tra i due un’amicizia sincera ma anche, col tempo, anche un faccia a faccia inevitabile, a volte aspro, tra due persone appartenenti a due generazioni divise dalla storia ma unite consapevolmente dal dolore, (il passato di Ilda e il presente/futuro di Omar) che si pongono domande terribili sulle macerie di una realtà, dove sembra impossibile trovare un senso.
Ciò che nasce tra i due è un rapporto tenero, bellissimo, che avviene su un terreno complicato da spiegare ad un ragazzino alla luce di tanta violenza che avviene nella città, se non sperare che il muro che gli israeliani stanno costruendo sul confine un giorno possa sgretolarsi per sempre.
Una riflessione profonda che l’Autore vuole affidarci, in pagine in cui la musica, – in questo romanzo dai capitoli brevi e dalla lettura agile e scorrevole -, possiede un valore salvifico, che fa da collante a due esistenze fragili che vivono in un angolo di mondo una condizione di estrema sofferenza, dove la parola pace è ancora tabù, e dove in fondo sembrano cercarsi l’un l’altro in una abbraccio di vita e di speranza.
Ed ecco che il Muro, che rappresenta la negazione della vita, l’occultamento di ogni nefandezza del genere umano, come pure il simbolo delle nostre paure e delle nostre ansie, diventa l’emblema del mostro che dovremmo abbattere affinché l’umanità trovi, sulle sue macerie fumanti, la base su cui ricostruire un mondo di pace e di benessere per tutti i popoli della terra.