Antonio Gramsci e la storia d’amore con Giulia Schucht nelle parole di Lucia Tancredi

di Tonino DANIELE

Scrive come parla, e quando parla ammalia, incanta, seduce.

Lucia Tancredi in Ogni cosa è per Giulia. Antonio Gramsci e Giulia Schucht: una storia d’amore (Ed. Ponte alle Grazie) non ci chiede – con la delicatezza che le è propria – di leggere una semplice storia d’amore, ma ci esorta a scovare in quella storia «di sangue e carne» qualcosa di mistico, di sovrannaturale. Ci chiede di andare oltre, alla ricerca di quell’amore che rientra «nella stupenda categoria dei miracoli, che sono pure necessari per chi non crede».

L’Autrice, garganica di nascita e marchigiana di adozione, raccontando dell’amore tra Antonio Gramsci e sua moglie, Giulia Schucht, riesce a “fermare” la Storia e ad aprire dei passages in cui l’uomo della Storia, «il cui destino è quello di viversi, vivere la sua opera, nient’altro» entra nella favola, in una favola vera, trasformata però in letteratura, nella quale l’Autrice narra, analizzando documenti, lettere e testimonianze. Una favola nella quale Tancredi  elimina qualsiasi barriera tra lei e suoi personaggi (lei che ha la capacità di sentire “suo” ogni personaggio, animandolo con la sua parola e parlando essa stessa in tutti loro), tra questi ed il lettore, creando una vera comunione. Nessuno sembra essere estraneo a nessuno in una vicenda che pare essere scesa dal cielo sulla terra e dall’eternità entrata nel tempo, perché «le favole non sono solo per i bambini, sono i destini cifrati degli adulti, per avvertirli che le cose a volte cambiano la rotta e i miracoli avvengono, che i giorni diventano un minuto e dentro un minuto c’è tutto il secolo, c’è una storia».

Una Storia «uscita per meraviglia» dal libro, in cui l’Autrice diventa garante del vero. Eh, sì che proprio lei ha sempre sostenuto che la letteratura, quella vera, rimane un prolungamento della realtà, del vero (o, quanto meno, del manzoniano “verosimile”); in essa la verità non solo si affaccia, ma si esaurisce: «non si tradisce la storia se si va al di là dei documenti», ama ripetere l’Autrice.

Del resto, in esergo al libro, potrebbero essere riportate le parole scritte da Leonardo Sciascia in La strega e il capitano: «Poiché nulla di sé e del mondo sa la generalità degli individui, se la letteratura non glielo apprende». In letteratura gli sconfinamenti nella finzione, il ricorso all’immaginazione, sono consentiti solo per raccontare la realtà nella sua complessità, per condividere appieno storie vere come, appunto, l’amore tra Antonio e Giulia. Senza l’immaginazione di Lucia Tancredi difficilmente avremmo conosciuto Giulia Schucht: le sue passioni, le sue paure, le sue speranze e, soprattutto, suoi silenzi, quei silenzi che si fanno Silenzio perché tutto si senta, perché tutto si amplifichi.

Non a caso l’Autrice cita spesso la scrittrice iraniana, Azar Nafisi e la sua La repubblica dell’immaginazione, per significare (e spiegare) quella forza che consente di andare – attraverso la scrittura (e la lettura) – verso un “altrove” mistico, superando i confini visibili ed oggettivi della storia. Una forza che permette allo scrittore di rivelare la verità, di «portare lo straordinario nell’ordinario», di raccontare per sopravvivere, perché «fintanto abbiamo l’immaginazione siamo liberi» amava dire David Grossman, e ribelli (aggiungo io).

In alcuni tratti Lucia Tancredi pare raccontarsi: l’amore di Giulia per la musica e per il suo violino, quella «melodia che la attraversa e le sfugge dalla punta delle dita come un filo d’argento che avanza lentamente verso quel mare umano», ricordano la passione per la mousiké dell’autrice, costretta a vincere – in compagnia dei suoi amati libri – la solitudine di quelle lunghe attese nella sperduta e desolata stazione del paese pur di raggiungere il Conservatorio e poter far scorrere le sue dita sui tasti del pianoforte in quei tocchi misteriosi.

Il romanzo di Lucia Tancredi rimane un inno appassionato al potere della parola e dell’immaginazione, del raccontare e del leggere. Un côté mistico: il racconto di una donna, Giulia, che affascina con il suo mistero.

Eppure, l’Autrice dovrà dirci – prima o poi – quale sia il fil rouge che lega tutti i personaggi dei suoi romanzi: da Jacopa dei Settesoli, amica di San Francesco, a Ildegarda di Bingen, da Giulia Schucht a Santa Monica, madre di Sant’Agostino. Non sarà – forse – quella loro capacità di annodare relazioni nelle quali non riusciranno mai ad abbandonare l’amato, Antonio o Dio che sia?

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