C’era una volta la Discoteca

Non è mai facile definire un genere musicale: cosa è rock e cosa non lo è. Quando un cantante può definirsi anche cantautore? Quando scrive qualsiasi cosa, o qualcosa di interessante? Un motivo musicale diventa un classico dopo quanto tempo? Vedete, definire la musica è un’impresa non da poco, sapete perché? Perché la musica (o se vogliamo, le musiche) sono tante e recepite tutte in un modo soggettivo. Come quando si legge, sono i nostri sensi a decidere se quello che viene letto è lento o è rock.

E per “uniformare” i generi musicali, si “decise” (penso) di inventare un nuovo modo di suonare, che forse è riuscito a mettere tutti d’accordo: la Disco Music. Nata agli inizi degli anni ’70 mescolando funky, soul, musica latina, psichedelica e afroamericana. Più di questo non ci entrava!!

Questo esperimento musicale, sembra sia nato per contrapporre qualcosa di diverso al rock!! Come dire, non di solo rock vive l’uomo, ma anche di un nuovo genere che sia meno impegnato politicamente e che dia un senso di movimento in un luogo chiuso (discoteca) e muoversi come meglio si creda.

È stata una rivoluzione. Come quando una nuova canzone cambia la storia della musica o come quando nasce un nuovo gruppo musicale diverso da quelli precedenti. La musica è strana: non ha una logica, nasce, cresce e cambia fisionomia musicale come e quando capita!! Non ci sono gradini da salire per arrivare a dei “traguardi”, ma l’arrivo ad un nuovo genere può esserci da un momento all’altro.

Così come quando nacque la Disco Music. È nata, è morta, è resuscitata per brevi periodi e poi ci ha lasciati definitivamente verso la metà degli anni ’80.

Così come sono “morte” le discoteche, come erano conosciute da noi (sulla cinquantina). Erano dei luoghi di incontro dove si ballava non solo su canzoni “svelte”, ma anche su brani lenti (quelli dove le coppie si abbracciavano). Lo spieghiamo per i giovani che non conoscono questo rituale antropologico perso nel tempo: il ballo lento!!

E il boom che dette notorietà mondiale alla Disco Music è stato il film “La febbre del sabato sera”, con relativa colonna sonora. “Saturday Night Fever”, la colonna sonora del film del 1977 con John Travolta, l’album più venduto al mondo, prima dell’avvento di Michael Jackson.

Diciassette brani musicali di cantanti vari, ma come fonte di riferimento i Bee Gees, gruppo australiano che fino a quel momento non aveva grandissimo seguito, come lo ebbe dalla “Febbre” per i successivi dieci anni.

Questo gruppo, nella colonna sonora del film, collaborò con sei canzoni. E il bello è che le canzoni non le composero vedendo il film, ma al “buio”: senza sapere nulla su quello che avrebbero musicato e su che tipo di trama cinematografica. Unica raccomandazione del produttore: fateci ballare!!

E fu così che Tony Manero, il protagonista del film interpretato da John Travolta, scivolò quasi a sua insaputa su note composte quasi casualmente dai Bee Gees. Il film fu un successo planetario. La trama non era di quelle sempliciotte come si potrebbe immaginare, considerando che si parlava nel film di ragazzi che si divertono in discoteca.

Ma la storia della “Febbre del sabato sera”, è incentrata su tematiche serie: emigrazione, droghe, razzismo. Sullo sfondo, gare in discoteca tra “bande” rivali: il ballo come spunto di resurrezione morale. Visto a distanza di decenni, questo film fa meglio cogliere i suoi messaggi; adesso che stiamo lontani anni luce dalla Disco Music. Quindi la nostra attenzione viene attirata più dalla trama che dalle luci psichedeliche.

L’importanza sociale che ebbe il film sugli adolescenti del tempo è che, oltre ad imitare gli atteggiamenti ballerini e del look del protagonista; i giovani degli anni ’70 pensavano che saper ballare “alla Travolta”, potesse dar loro una svolta alle loro vite: dialogare con l’altro sesso solo ballando. Senza aver nemmeno il minimo contatto verbale. Dire all’altro/a quello che si desiderava senza aprire bocca.

Quel modo di ballare era molto più sensuale di quando si ballava abbracciati all’altro/a. Ballare avvinghiati era un modo fin troppo diretto per comunicare le proprie intenzioni. Invece non avere contatto, o quasi, con l’altro corpo, era un modo di dire: ti prendo e non ti prendo. Forse solo il tango può competere con la Disco Music in tal senso, ma nel tango le intenzioni sono fin troppo chiare!! 

E poi c’era la gara di ballo, quella non poteva mancare in nessuna discoteca. Un rito tribale che sostituiva lance e coltelli usati tempo prima dai nostri antenati. Il ballo in discoteca, sfidando gli altri, era una specie di iniziazione: se potevi già entrare in una discoteca, e addirittura partecipare ad una gara di ballo, allora era fatta!! Eri un uomo!! (o una donna!!) Figuriamoci vincere la gara!! 

La discoteca era negli anni ’70 un luogo quasi sacro: diverso tra tutti gli altri, competeva con l’oratorio delle chiese!! Lì si consumavano riti di passaggio che ti permettevano di conoscere soggetti dell’altro sesso. Solo lì potevi approcciare altri ragazzi/e come non potevi fare altrove.

Forse solo nei “club”, “case semi chiuse private” dedite all’incontro tra poche coppie, si andava oltre. Ma lì, nei club, le coppie era già formate. Nelle discoteche no, le coppie erano… in formazione.

Ecco l’importanza delle discoteche e della Disco Music: un mix perfetto per conoscersi e farsi conoscere dagli altri. Anche muovendosi sotto sfere giganti a specchietti, illuminate da faretti intermittenti. Nella semioscurità della sala e con i ritmi inventati da pochi anni, il genere Homo continuava la su evoluzione.

E nacque l’Homo Saltator. Da allora fino ad oggi questa nuova specie ci ha influenzato, solo di sabato sera, con una nuova “malattia”: ballare come mai si era visto prima.  

Mario Ciro Ciavarella Aurelio

 

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