Una foto, una storia: L’ultimo giorno di libertà

Fu un giorno normale. Fino a quando alcuni uomini con la barba muniti di megafono, radunarono centinaia di donne, che poi divennero migliaia, e poi milioni. Tutte seppero che da quel momento la loro vita, iniziando dall’abbigliamento, sarebbe cambiata. Era il 7 marzo del 1979: l’ultimo giorno di libertà.

Dal giorno dopo le donne iraniane dovevano coprirsi la testa con il velo (hejab). Fu il primo passo della neonata Repubblica Islamica dell’Iran, voluta da Ruḥollāh Moṣṭafāvī Mōsavī Khomeynī (in breve Āyatollāh Khomeynī), ritornato in Iran nel 1979 da Parigi, a seguito dalla fuga dello scià di Persia, Reza Pahlavi.

Da quel momento nacque la Repubblica Islamica dell’Iran così come la conosciamo ancora oggi: nulla è cambiato. Pochi giorni dopo la presa del potere da parte di Khomeynī, un’enorme massa di persone, solo donne di ogni professione e ceto sociale, prese parte ad una pacifica protesta per le strade di Teheran. Da allora, le leggi contro la libertà di vestiario delle donne iraniane si sono fatte sempre più repressive, condannando a punizioni terribili la mancanza di rispetto delle regole.    

Prima della Rivoluzione Islamica, l’Iran era un Paese libero: anche le donne potevano studiare e professare qualsiasi mestiere. Era un Paese arabo ma “all’occidentale”. Nel 1953 Mohammad Reza Pahlavi assunse i poteri assoluti e riprese l’opera di laicizzazione del Paese e di contrasto, già avviato dal padre, dell’impronta religiosa che il “clero” voleva caratterizzasse non superficialmente l’Iran. Khomeyni fu uno dei principali oppositori di questa politica, organizzò anche un attentato contro lo scià, ma fallì, costringendo l’Ayatollah all’esilio.

Da un giorno all’altro, le donne si ritrovarono a dover vivere in un modo mai sperimentato prima: non solo nel vestiario, ma anche nel sociale, non più studio e sottomissione agli uomini della famiglia, e mai disobbedire alle leggi del Corano. Nelle foto di questo articolo sembra che ci siano state delle retate, per portare in piazza solo donne, raggruppate, quasi serrate a non poter fuggire chissà dove. Sembra come quando i nazisti facevano i rastrellamenti per cercare gli ebrei.

Qualche timido cartello di protesta svetta sulle teste delle donne iraniane, ma sembra un puerile tentativo per cercare di poter far cambiare direzione ad un vento rivoluzionario contro le donne. Si vedono ragazze orientali che vestono all’occidentale: assolutamente niente di strano. La stranezza arrivò il 7 marzo del 1979. Quando tutto questo cambiò.

Numerosi sono i passi del Corano che fanno riferimento alla condizione femminile. Essi sono soggetti a interpretazione (ijtihād), e le opinioni sul loro significato variano. Secondo alcuni, tale testo enuncerebbe il principio di superiorità dell’uomo sulla donna. Secondo altri, esso si limita a enunciare che agli uomini è dato l’obbligo di provvedere al sostentamento economico della famiglia, mentre alle donne è affidata la casa.

Una cosa è certa: la donna nella società islamica non ha mai avuto, finora, pari dignità rispetto all’uomo. Si pensa spesso che con il “progresso della scienza e della tecnica” molto sarebbe cambiato, e le religioni avrebbero facilitato il modo di vivere dell’umanità. Sembra che tutto questo ancora non accada.

Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO

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