Una foto, una storia: “Solo lavoro e niente svago trasformano Jack in un cattivo ragazzo”

Che poi è questa l’esclamazione fatta da Jack, il personaggio principale di “Shining”, che scrisse su un foglio di carta con la macchina da scrivere, quando cercava l’ispirazione giusta per poter iniziare un nuovo romanzo. E non: “Il mattino ha l’oro in bocca”. Uno dei tanti misteri del film di Stanley Kubrick. E allora perché vedendo il film non leggiamo su quel maledetto foglio la frase riportata come titolo in questo articolo, ma leggiamo che il mattino è il momento propizio per fare qualsiasi attività?

È stato sempre il regista a decidere questa “traduzione” per il mercato italiano di “Shining”, così come fece per qualsiasi altra versione non anglosassone di questo film. Mistero.

Nella foto vediamo una serie di cineprese messe una sull’altra che riprendono la scena in cui il marito (pazzo) cerca di uccidere la moglie (che si difende con una mazza da baseball): la follia è al centro della sceneggiatura (non di Kubrick, il quale non scrisse mai nulla dei film che girò, che strano… non sapeva scrivere!) ma il tutto è frutto della mente forse perversa di Stephen King, autore di decine di libri tra misteri e orrori.

In “Shining” per la prima volta venne usata una nuova macchina per le riprese cinematografiche, la steadycam, una cinepresa che “non trema mai”, essendo posizionata intono alla vita dell’operatore, molleggiando semplicemente, senza scossoni. Mezzo cinematografico che è rimasto nella storia del cinema per aver ripreso in modo perfetto la scena finale: nel labirinto. Quando la possessione demoniaca di Jack aveva ormai permeato il suo corpo e la sua anima.

La scena sulla scala anticipa il momento finale: le cineprese sono posizionate con diverse angolazioni, cercando più angoli per poter inquadrare il volto di Jack, quello della moglie, e un’altra macchina inquadra la parte alta della scalinata. Il controcampo cinematografico in questo caso non esiste: non ci sono altre telecamere posizionate di fronte al volto di Nicholson, la scena è una sequenza unica; per dirla in termini tecnici: un unico piano sequenza.

Quando si usa il piano sequenza, si rischia che il tutto non renda di molto l’effetto desiderato: non c’è montaggio, ma solo il girato è così come è stato fatto in fase di registrazione. Senza dubbio anche questa scena sarà stata ripetuta più volte: se così non fosse, si sarebbe saputo, così come si sa tutto di questo capolavoro del cinema.

La scalinata più famosa del cinema non è questa, ma è quella del film di Eisenstein, “La corazzata Potemkin”, nella quale si vedono decine di comparse che cadono su una lunghissima gradinata nella città di Odessa. Dove vengono fucilati dai soldati dello zar Nicola II, centinaia di cittadini russi, per aver manifestato a favore di alcuni marinai che chiedevano un trattamento logistico e alimentare migliori.

La differenza tra le scalinate è che, in quella di “Shining” la pazzia del protagonista lo aiuta a rincorrere la sua preda; mentre in quella di “Potemkin”, la manifestazione popolare non viene aiutata da quella gradinata, ma è invece un ostacolo. Comunque ci troviamo di fronte alla pazzia umana, ciò che ci rende spesso abbastanza diversi dalle altre creature, anche senza l’ausilio di possessioni diaboliche, o presunte.

La foto di questo articolo mescola finzione e realtà: la finzione è caratterizzata sulla destra dalla presenza di “uomini e mezzi” della cinematografia, la realtà invece è ben visibile sul viso del protagonista. Basta mettere due dita su una delle due parti della foto che vogliamo nascondere (o vedere), e scegliere la trama che vogliamo.

Mario Ciro Ciavarella Aurelio

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