A proposito dell’alluvione. Alcune considerazioni

di Raffaele Fino

Era probabilmente il 1954. Di sera tardi. Avevo 5 anni e in Via Capitano Verri, dove ero nato ed abitavo, tutta la strada era affacciata ai portoni a vedere la pioggia che cadeva a catinelle mentre il livello dell’acqua cresceva paurosamente e invadeva i sottani più vicini a Via La Piscopia.

“Rusinella Vaccaredda”, che abitava in uno dei sottani, era terrorizzata e si affannava disperatamente, con una lunga pertica (fruccidd), utilizzata abitualmente per alzare la corda dove si stendevano i panni ad asciugare, a liberare la grata del piccolo inghiottitoio intasata dai detriti, mentre gridava “Sant’Antò stuta stu foc” suscitando, nella drammaticità, l’ilarità di chi guardava.

A nulla valsero né “lu fruccidd” né le invocazioni a Sant’Antonio. Il sottano fu invaso dall’acqua.

Ho ricordato l’episodio per riportare un po’ indietro le lancette del tempo in maniera da sviluppare alcune considerazioni.

La principale è che San Marco ancora non era stata interessata dall’espansione urbanistica degli anni ottanta e novanta, eppure l’alluvione avvenne, come erano avvenute le precedenti e sarebbero avvenute le successive.

Il problema era ed è più complesso. Se ci fermiamo a considerare solo il centro urbano, dando la colpa all’espansione urbanistica, non andiamo da nessuna parte nel proporre le soluzioni. Bisogna invece considerare anche, e soprattutto, i bacini imbriferi che convogliano le acque verso il centro urbano. Ricordiamo quelli principali (in senso orario) e cioé della Fajarama, dell’Orto la Menta, della Schiavonesca, dell’Ornale, dello Strascino, di Santa Loia. E di Coppe Casarinelle per il versante che guarda anche verso il Calderoso.

La fortuna, se così possiamo dire, è stata che, nel corso degli anni, le alluvioni sono state causate dalle acque provenienti in particolare da uno o due bacini e non da tutti. In quest’ultimo caso le alluvioni sarebbero state molte più violente e devastanti, soprattutto per la parte bassa compresa tra Via Pozzo Grande a Piazza Gramsci.

E veniamo all’alluvione del 9,10 e 11 settembre 1982, avvenuta, anch’essa, prima dell’espansione urbanistica di San Marco.

E’ l’alluvione che segna lo spartiacque con quelle del passato soprattutto perché, per una serie di motivi, è restata nella memoria popolare (vedere alcune foto del servizio realizzato dal nostro Michele La Riccia allegate alla presente nota) e non è stata dimenticata come le precedenti. E anche perché. a partire da quest’ultima alluvione, si sono impostate opere tese a mitigare, lo ripetiamo, a mitigare, il rischio idrogeologico.

Infatti, le amministrazioni che si sono succedute nel tempo hanno prestato, chi più chi meno, maggiore attenzione al problema mettendo in cantiere opere strutturali importanti.

Ne ricordiamo solo alcune:

– sistemazione del Torrente Jana. realizzata con un finanziamento della Comunità Montana del Gargano di circa 2 miliardi e quattrocento milioni di vecchie lire (cito a memoria). Eravamo assessori, lo scrivente e Nino Grana, alla Comunità Montana e chiedemmo la convocazione straordinaria della Giunta e del Consiglio della Comunità. Con spirito veramente di grande solidarietà, pur nella ristrettezza dei fondi a disposizione, tutti i rappresentanti dei comuni del Gargano votarono la destinazione del quasi intero plafond a disposizione, per l”intervento di sistemazione del Torrente Jana.

 – sistemazione degli affluenti del Torrente Jana;

 – sistemazione del Torrente Fajarama e realizzazione delle vasche di espansione;

 – canalizzazione delle acque nella fogna bianca su Via san Nicandro e sulla provinciale Casarinelli- incrocio di San Matteo nella parte che guarda verso Via Michelina Gravina;

 – sistemazione del bacino della Schiavonesca , da dietro al cimitero all’innesto con il torrente Jana.su Via della Repubblica;

Queste opere ci hanno permesso di mitigare il rischio idrogeologico e di attenuare i danni.

Da sole non bastano. Esse vanno accompagnate da altri interventi come:

 – lo studio attento di tutti i bacini imbriferi che convogliano le acque su San Marco con interventi di forestazione e controllo del bosco e di ingegneria naturalistica, coinvolgendo i soggetti che usano il territorio, in primo luogo i pastori. E ciò per evitare quanto successo per il rimboschimento delle pendici del bacino dello Strascino. Era il 2006, inizio Amministrazione Lombardi. Si spese circa 1 milione di euro (500 dell’Amministrazione Provinciale e 500 dell’Amministrazione Comunale,) andati letteralmente in fumo sia per la siccità sia soprattutto per il pascolo incontrollato degli animali. La sistemazione dei bacini è importante per attenuare la forza delle acque che arrivano in paese;

 – il completamento delle opere di urbanizzazione lungo la cinta urbana interessata dai nuovi insediamenti. Infatti, molto del materiale portato a valle deriva proprio da questo fronte lasciato privo di mura di contenimento e di canalizzazione delle acque;

C’è poi tutto il capitolo legato agli smottamenti e alle frane.

Con le alluvioni del 1954 e del 1982 il centro abitato fu interessato da piccoli smottamenti e frane. Nemmeno con l’alluvione del 2009 si ebbero smottamenti consistenti.

Invece con l’alluvione del settembre 2014 ci furono fenomeni di smottamento consistenti tali da rappresentare una vera e propria minaccia per gli edifici sottoposti tanto da portare all’adozione di ordinanze di sgombero, molte delle quali ancora in atto. Parliamo delle zone di Via Borsellino e Livatino, di Via Marco Centola, dell’Ornale, di via Fiume e Via Pola.

Per queste zone, come ricordava qualche giorno fa l’ex sindaco Angelo Cera, l’Amministrazione da lui guidata otteneva circa 9 milioni di euro per la canalizzazione delle acque superficiali e per la sistemazione delle frane, al fine di mettere in sicurezza gli edifici interessati.

Successivamente, a seguito del decreto-legge n.133/2014 convertito nella legge 164/2014, l’attuazione degli interventi previsti nella programmazione 2015 veniva affidata ai Presidenti di Regione in qualità di Commissari di Governo contro il dissesto idrogeologico con i compiti, tra gli altri, di (udite,udite!!!) accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico”.

Fino a quando fummo in carica come Amministrazione (giugno 2016), in poco più di sei-sette mesi, mi recai più volte presso il Commissario con il responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale per sbloccare gli interventi.

Degli interventi previsti sta arrivando in porto solo quello riguardante il “Consolidamento del dissesto idrogeologico di Via Livatino e Via Borsellino”. Infatti con Decreto n. 372 del 1 giugno 2021 il Commissario Straordinario Delegato contro il dissesto idrogeologico ha preso atto, nella conferenza di servizio, dei pareri delle varie amministrazioni (mancava, tra gli altri, quello paesaggistico della Commissione Locale per il Paesaggio del Comune di San Marco in Lamis) e ha approvato il progetto definitivo dando mandato di predisporre il progetto esecutivo “ recependo, all’interno del progetto, le condizioni e le prescrizioni degli enti interessati”.

Scusate, cittadini, se è poco e se questo è stato “un non far nulla per la nostra città” come ha dichiarato il Sindaco Merla. Lo ripetiamo: abbiamo ottenuto oltre nove milioni di euro per le frane, di cui sta arrivando in porto quello riguardante la zona di Via Livatino.

L’impegno deve essere quello di attivare anche gli altri finanziamenti per la sicurezza dei nostri concittadini che vivono nelle zone interessate da frane e smottamenti.

Veniamo infine all’ultima alluvione del 19 luglio 2021. Ha interessato il centro abitato e le campagne soprattutto nella zona del Calderoso e della Valle di Vituro arrecando danni gravi che impediscono l’accesso alle aziende. Generalmente per questi danni si interviene subito con provvedimenti straordinari e di somma urgenza con fondi messi a disposizione soprattutto dalla Regione.

Ben vengano i fondi stanziati dalla Regione. Sono 200.0000 € o 150.000,00 € come riportato da alcuni organi di stampa e riguardano Rignano e San Marco o anche Sa Giovanni Rotondo?

Infatti, a mio modesto parere, alla luce anche dell’esperienza pregressa, sono assolutamente insufficienti per dare risposte concrete e immediate alla pluralità di richieste di interventi riguardanti la viabilità interna ed esterna, soprattutto se, invece che tra due, i fondi devono essere divisi tra tre comuni.

Passata la tempesta ritorna il sole, che ci fa dimenticare tutti i buoni propositi dei giorni bui facendoci ricadere nella routine abituale.

Ma questa volta mi auguro che non sia così. Mi auguro che, grazie, spero, anche alla società civile si possa riflettere seriamente e insieme ( che non deve essere una parola vuota e buona solo per le dichiarazioni).

Mi auguro che partendo anche da una revisione del PUG, che abbiamo approvato oltre cinque anni fa, si possano fare correzioni che vadano nella direzione della mitigazione e non dell’aggravamento del rischio idrogeologico.

Scusate le lunghezza, ma alcune cose andavano dette non solo per informazione ma anche per spunti di lavoro e di impegno per i tanti candidati che si cimenteranno nelle prossime elezioni amministrative.

Facciamo di San Marco un paese più civile dove si discute apertamente dei problemi e delle soluzioni da ricercare.

Alla prossima.

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