San Marco in Lamis, venerdì 10 maggio interessante convegno su Pasquale Soccio

Il maggio culturale sammarchese si concentrerà quasi tutto sul suo figlio prediletto, Pasquale Soccio, filosofo, storico e letterato sommo. E questo, grazie alla molteplicità delle sue opere saggistiche e creative che hanno dominato per lungo tempo il Novecento Italiano, dando così lustro con il suo nome non solo alla città d’origine e alla Capitanata, ma all’intera Puglia.

Per ricordare la statura dell’uomo e dell’intellettuale, il Comune unitamente alla benemerita Fondazione che porta il suo nome e quello del fratello Angelo (distintosi in campo sociale) hanno promosso ed organizzato un Convegno di Studi dal titolo Letteratura, Filosofia e Storia in Pasquale Soccio. Lo stesso vedrà il suo svolgimento il 10 maggio, con inizio alle ore 18.00, presso l’accogliente e moderno Auditorium della Biblioteca Comunale, ubicato nella centralissima piazza Carlo Marx ,1. Si comincerà con gli interventi di saluto e introduzione del primo cittadino Michele Merla e del presidente dell’anzidetto sodalizio, Michele Galante (storico-scrittore, già parlamentare).

Seguiranno, poi, le relazioni. In primis, prenderà la parola Rino Caputo, docente dell’Università di Tor Vergata in Roma, che approfondirà il tema “Soccio tra pensiero e poesia: l’occasione Leopardi”. Lo seguirà a ruota Gianluca Fiocco della medesima Istituzione, che affronterà “L’antico avversa violentemente il nuovo”. Dopo di che salirà in cattedra, Pasquale Guaragnetta dell’Università di Bari, che si soffermerà su “Pasquale Soccio e i diversi ritratti di Benedetto Croce”. Presidenza e coordinamento saranno assolti da Rossella Palmieri, docente dell’Università di Foggia.

Il Soccio ha intessuto, ricambiato, rapporti di amicizia e stima con i più grandi letterati del suo tempo. Tra l’altro, oltre al citato Croce, Ungaretti, Bacchelli ed altri. Di Bacchelli mi raccontava, tra l’altro (nella sua casa sammarchese di Corso Giannone, dove andavo spesso a trovarlo) del passaggio del romanziere bolognese a San Marco in Lamis (era venuto qui per visitare l’amico Giustiniano Serrilli) e del suo amore, venuto fuori a prima vista durante la breve passeggiata con lui in Corso Matteotti. Altresì, egli ha avuto proficui rapporti con uomini di pari statura, impegnati in prevalenza in altri campi ed istituzioni, come per esempio il lucerino, Gaetano Gifuni, segretario generale della Camera dei Deputati, Damiano Nocilla, segretario generale del Senato, ecc. E ancor più con Arturo Palma di Cesnola, affermato scienziato del Paleolitico a livello mondiale, noto sì per le sue approfondite ricerche e ritrovamenti a Grotta Paglicci in territorio di Rignano Garganico, ma ancor più, quale scopritore unico della cosiddetta ‘civiltà uluzziana’ (Paleolitico Superiore antico, 34.000 – 31.000 anni addietro) emersa alla Grotta del Cavallo nella Baia di Uluzzo (Salento). Rapporto che iniziò attorno agli anni’80, allorché il Soccio scoprirà nell’amico, oltre al sangue lucerino (la madre era una De Nicastris), anche l’innata creatività. E questo per via del v. “Lettere ad Onoria”, che uscirà nel 1982 per i tipi di Bastogi in Foggia.

Da quel momento il Soccio si accorse che l’archeologo fiorentino aveva stoffa vera al riguardo. Di questo ne parlò, proprio nel corso del conferimento della cittadinanza onoraria al prof. Palma. In tale occasione il “Preside” preannunciò che, dopo la succitata raccolta di poesie, l’Autore avrebbe dato alle stampe un romanzo intitolato “Lo sgombero”. In questo lavoro si leggeva dell’incubo vissuto in sogno dal protagonista impegnato a trasferire da un’abitazione ad un’altra gli enormi mobili ereditati. Mentre il suo cervello si arrovellava a cercare ogni possibile soluzione al problema, la sua attenzione fu attratta dalla moglie Carmela che, incurante delle preoccupazioni del marito, riposava tranquillamente. Ne risulta una figura che ricorda molto da vicina la “Venere dormiente” immortalata dal Giorgione.

Parole di Soccio. Di lui, lo scienziato, ce ne parla ancor oggi in quel di Firenze, dove, 91enne, vive. Lo fa con sofferta nostalgia, ricordando ad uno i vari approcci avuti nella casa di lui in Foggia (palazzo Perugini) su questa o su quell’altra opera. Lo cita ancora, con nome ovviamente inventato, come fa per tutti, nel romanzo “Giornale di Scavo” (pp.250), ispirato a Paglicci (di prossima edizione a cura di chi scrive). Per l’occasione il nostro letterato viene tirato in ballo per via della sua insistenza a volere visitare ad ogni costo in fondo all’antro la ‘saletta dei cavalli’. E questo, nonostante la sua quasi totale cecità “…e ne esce fuori – si sottolinea ironicamente – con la testa rotta”. (AntDV)

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