Dalla Rotonda all’Arco

di Mario Ciro Ciavarella

Sono passati esattamente 50 anni, dalla Rotonda all’Arco. Mezzo secolo durante il quale, generazioni di sammarchesi hanno percorso in lungo e in largo “mez lu chian”. Per andare a prendere “la pustala”, o per andare a trovare qualche “zizì” all’Opera Pia, oppure prendere un pulmino “molto privato” che ti potesse portare alla Stazioni di San Severo o Foggia per poter prendere un treno in “orari strani”, oppure recarsi al bar “da Briele” per appoggiarsi al juke box e ascoltare una canzone.

Tanto tempo fa, girando intorno alla fontana nella foto, riuscii a vedere inciso, il giorno dell’inaugurazione: 15 agosto 1970. Prima di allora in quella sede c’era un’aiuola molto più piccola della base della fontana “colorata”. La fontana di piazza Europa venne costruita durante  l’amministrazione Napoleone Cera, e durò per una trentina d’anni. Quando, amministrazioni successive, decisero di toglierla per sostituirla con il maestoso porticato di Portoghesi. Che non vide mai la luce, qualcuno dice per calcoli sbagliati, altri dicono per volere di alcuni politici, altri per invidia da parte di “altolocati” locali.

Altri ancora dicono che piazza Portoghesi avrebbe compreso “troppa piazza”, e di conseguenza avrebbero eseguiti lavori straordinari per ritagliare di qua e di là il “contorno” di Piazza Europa. Per poi ottenere il risultato che è stato davanti ai nostri occhi fino a pochi giorni fa: in piazza cera una rotatoria con un mini obelisco, e una fontana anonima (che c’è ancora) più decentrata che non dà segni di vita da un po’ di tempo. Una soluzione di ripiego, lo sappiamo, per sostituire l’intera “piazza Portoghesi”.

Andando molto indietro nel tempo, prima ancora della “fu-fontana” in oggetto, nel 1930 al centro della piazza c’era addirittura un chiosco di bibite e soprattutto della rinomata orzata prodotta da Angelo Bonfitto (“Frusculicchie”). Tale punto vendita di gelati e granite rimase lì fino al 1950, e da quell’anno il figlio Michele lo trasferì nell’attuale posto: a fianco della SITA. Dal 1988 il chiosco diventa di proprietà di Saverio Giuliani (“Ughetto”), che fin da piccolo aiutava lo zio Michele Bonfitto a vendere gelati e dolciumi. Con la gestione di Saverio, il chiosco venne ulteriormente ingrandito.

Il chiosco originale di “Frusculicchie” venne spostato dal centro della piazza al posto dove vende Saverio, poiché in quella zona iniziavano i lavori per sviluppare l’arteria stradale nazionale. Parliamo dei primi anni ’50, e quindi si doveva fare spazio alle auto che iniziavano a transitare anche nel nostro paese. Quando venne sistemata la fontana che tutti ricordiamo, la prima cosa che venne fatta da molti è stata la foto ricordo!! Ci si abbigliava come nei giorni festivi, con lo shampoo fatto, e ci si parava davanti alla fontana, con le mani ai fianchi. Era difficile riconoscere a primo colpo il soggetto fotografato: per riprendere tutta la fontana, il fotografo doveva posizionarsi quasi vicino al bar “da Briele” (attuale bar Noir). Qualcuno cercava di sedersi sulla minuscola ringhiera di colore verde, molto bassa, quasi a livello del suolo, mantenendosi con tutte e due le mani: ma il risultato finale non era granchè, si vedevano giovani quasi seduti per terra che cercavano di non cadere, con gli occhi sbarrati verso l’obiettivo e le mani aggrappate con forza sulla mini ringhiera. Foto rigorosamente in bianco e nero, ritagliate lungo i lati. Anche la fontana inizialmente era “in bianco e nero”

Le luci che vediamo illuminare la fontana vennero installate successivamente, e come si può notare, sono sommerse nell’acqua. Le luci non fecero la fine dei pesciolini rossi che durarono per pochi giorni, ma illuminarono la fontana per anni, quando non funzionavano più venivano aggiustate. Non erano intermittenti, ma mantenevano il loro colore originale con un effetto molto suggestivo!  Invece, gli immancabili pesciolini rossi che inizialmente si buttano in tutte le fontane del mondo, non ebbero vita lunga: duravano pochi giorni. Si ributtavano: altre poche ore di vita. Duravano di più i pesciolini rossi che si compravano alla fiera di San Matteo, quelli che venivano portati in casa nelle buste trasparenti(!?) Poi ci si mettevano anche i cani, a buttarsi nella fontana per pescare i pesciolini… Sembra che questi poveri animaletti facciano da cavia per vedere il grado di civiltà in quel luogo

Ricordo che non c’era tantissimo traffico intorno alla fontana, parlo degli anni ’70, e noi ragazzini ci giravamo intorno, dentro non avevamo il coraggio di entrare, perché era facile cadere e bagnarsi. Ma non esitarono a buttarsi dentro alcuni sportivi che festeggiarono la vittoria dell’Italia ai Mondiali di Calcio del 1982, quando battemmo la Germania per 3-1.

Invece in un altro Mondiale, quello del 1990 in Italia, sulla fontana installarono il pupazzo “Ciao”, mascotte della manifestazione. Durò poco: il tempo di perdere in semifinale contro l’Argentina di Maradona che di quel pupazzo in polistirolo non ne rimase nemmeno una briciola!!

Più volte veniva meno il funzionamento della fontana: non si riusciva a far fuoriuscire l’acqua, ma era solo un problema elettrico e non idrico, che veniva risolto in pochi giorni. Quando questo problema non lo si riusciva a risolvere in poco tempo, era allora che iniziavano a sorgere i primi dubbi: “Volete vedere che la fontana tra poco verrà tolta?” E più la fontana non funzionava, più iniziavano ad essere evidenti anche le prime  crepe sulla fontana stessa. Fino a quando un bel giorno vedemmo la fontana colorata completamente di verde!!!!!

Tutta verde! Sembrava la fontana dell’Incredibile Hulk!! ma perché si decise di colorarla da cima a fondo? Forse più che una colorazione era l’antiruggine che venne applicato? Non lo so. So solo che più passava il tempo e più non si poteva guardare, e le crepe aumentavano. Probabilmente era già in atto il progetto Portoghesi: è inutile aggiustarla, tra poco sparirà.     E infatti sparì: fu come vedere un amico o un parente che ci sta lasciando dopo una lunga agonia. Un’agonia muta che da troppo tempo non dava più segni di vita, una malattia che l’aveva dipinta il corpo di verde! L’acqua nella fontana era ormai assente da tempo, il piccolo recinto era stato rubato(!) sembrava un simulacro che non rappresentava più nessuna divinità o personaggio importante. Ma un sepolcro imbiancato con un colore neutro, che forse in natura non esiste.

Ma ecco che pochi giorni fa, c’è stata rivelata la nuova “attrazione” della nostra piazza principale: “l’Arco”, una bellissima opera ideata dall’architetto Antonio Pio Saracino, sammarchese che vive e lavora a New York. Diciamo subito che un posto di rilievo in tutta questa storia ce l’ha avuto il “Lions Club” di San Marco, che dopo aver vagliato alcuni progetti, alla fine si decise per la realizzazione di un arco.

Lo stile di quest’opera di Saracino, ricalca quello che lui preferisce: sezionare, per rendere il risultato, visibile dall’interno. L’arte, in tutte le sue parti, deve sempre cercare di esplorare quello “che c’è dentro”, senza fermarsi alla superficie di quello che vediamo nell’immediatezza.

L’Arco ha un impatto sul luogo, molto autorevole, è come se fosse un posto dove fermarsi, non per farsi controllare, ma per ammirare quello che si ha davanti. È stato voluto dall’autore senza recinzione, per non sembrare un qualcosa di ingabbiato e anche per non considerare l’opera come un fortino da espugnare. Massima libertà, da parte dell’Arco, come se potesse muovere, lo potrebbe fare(!?) e lo stesso dicasi anche per noi spettatori che dobbiamo rispettare la concezione artistica dell’autore.

Alcuni avrebbero preferito magari un’altra fontana, ma già ce n’è una a pochi metri dall’Arco(!!??) Mica si poteva fare… la gemella della fontana?

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