Il NON PARTITO che servirebbe a San Marco

Tra sette – otto mesi, a San Marco, torneremo a votare per eleggere Sindaco e Consiglio Comunale.

È facile immaginare che i partiti, intendendo con ciò sia le organizzazioni politiche tradizionali sia quelle cosiddette civiche, esistenti o in potenza, stiano già riscaldando i motori.

Ma, a San Marco, in questa particolare fase storica, servirebbe, al contrario, un NON PARTITO, un’aggregazione di persone di buona volontà che abbia come idea e progetto, sia pure per una fase transitoria, proprio la limitazione, non l’eliminazione (sarebbe, oltretutto, irrealistico), dei partiti dal predominio nella vita amministrativa del nostro comune.

Questa proposta, sicuramente, a prima vista, sembrerà una variante dell’antipolitica, oramai dominante, cui ci hanno abituato l’aggressività dei movimenti populisti e sovranisti e la remissività dei partiti tradizionali: al contrario, oggi più che mai c’è bisogno di politica, di classi dirigenti competenti, mosse, insieme alla cittadinanza, dalla passione civile, e di democrazia rappresentativa.

E, allora, in che cosa consiste questa idea, questo progetto?

L’idea di NON PARTITO prende le mosse dal vocabolario: partito deriva da partire «dividere»; propriamente «ciò che è diviso, parte».

A San Marco c’è troppa divisione ed i partiti, così come definiti sopra, hanno operato ed operano solo per dividere, solo per creare contrapposizioni e inimicizie, al di là, anzi nella totale assenza, di qualsiasi progetto di realizzazione concreta del bene comune.

Ecco perché serve una lista, un soggetto politico che anche, e soprattutto, nel nome, oltre che nel programma, indichi la necessità di operare per unire, per stimolare il confronto, per l’accettazione delle idee buone, da chiunque formulate, e per condurre una lotta aperta e senza sconti contro lo spirito di parte così degenerato nel nostro comune.

Un NON PARTITO, quindi, che in Consiglio Comunale porti la voce della ricerca di soluzioni concrete ai numerosi e gravi problemi della nostra cittadina, con la consapevolezza delle difficoltà e delle incrostazioni di decenni di pressappochismo e superficialità demagogica.

Non è difficile individuare i temi decisivi per qualsiasi discorso che voglia invertire il decadimento, morale e materiale, in atto del nostro comune:

 – risanamento finanziario vero e non di facciata come si sta profilando; il dissesto sostanziale, al di là delle scartoffie burocratiche e formali e delle dichiarazioni mai supportate da cifre e documenti tecnici, è ancora tutto intero là, se non addirittura aggravato;

– la macchina comunale è completamente inceppata e finirà per bloccarsi del tutto: persino la forza di inerzia oramai si sta esaurendo: sciorinare, nei documenti programmatici, piante organiche sconclusionate e ridotte non serve a niente; come si fa ad operare se oramai non c’è un minimo di organizzazione del personale, anzi se il personale manca del tutto?

– ridefinizione di tutti i regolamenti comunali, con la partecipazione di tutta la popolazione e con l’ausilio di competenze anche esterne per l’individuazione delle buone pratiche che pure ci sono in Italia, nello spirito di creare un clima di promozione di rispetto delle regole: quante volte ripetiamo ogni giorno: questo è un paese dove non si capisce più niente, dove regna l’anarchia e la prepotenza? Il principale impegno culturale dovrebbe essere proprio quello della legalità e del diritto, senza enfasi demagogiche, ma con realismo e pragmatismo;

 – valorizzazione del patrimonio: dal demanio civico (circa 3.000 ettari, di cui buona parte a bosco), con le sue componenti naturalistiche ed economiche, agli edifici in disuso (prospettare stancamente la vendita di tali edifici è condannarli al degrado assoluto ed alla definitiva inservibilità);

 – produttività e generatività: tutta l’azione amministrativa deve essere improntata a tali principi: ogni risorsa deve essere investita (non semplicemente spesa, spesso si tratta di sprechi); vale a dire che deve essere inquadrata in una prospettiva di ricaduta benefica ben calcolata proprio nel senso dell’economia; allo stesso modo, anche gli interventi di natura sociale devono essere non mero assistenzialismo, bensì occasioni per generare, per produrre altri beni, anche non materiali, ma comunque oggettivi, misurabili, gestibili; in molte realtà, da tempo, si parla di welfare generativo;

– ampio spazio al mondo delle attività produttive, prevedendone l’autonomia in termini di proposte che l’Amministrazione Comunale deve solo recepire e non influenzare, nel rispetto ovviamente delle leggi;

– promuovere un associazionismo culturale e sociale dinamico, attivo, e non schiacciato sulla richiesta di contributi, che, tra l’altro, saranno sempre più esigui; anche per questo, l’Amministrazione deve favorirne l’autonomia e la coesione per un impegno indirizzato, per quanto possibile, ad obiettivi comuni e condivisi, ponendo fine alla logica dell’orticello avulso dagli altri orticelli.

Se questi sono i temi generali decisivi, è chiaro che essi vanno svolti con la formulazione di proposte concrete e puntuali: in questo modo potrebbe nascere un vero programma amministrativo che non sia la solita enunciazione di buoni propositi senza una progettualità concreta, con nome cognome, tempi, cifre, soggetti, ecc.

E il NON PARTITO potrebbe già iniziare ad operare, ed a dare i suoi primi frutti di soggetto che vuole unire e non dividere, proprio con l’elaborazione di questo programma da sottoporre a tutti i partecipanti alla competizione elettorale, chiamando tutti a dare il proprio contributo, anzi organizzando intelligentemente, ma concretamente, i momenti per tale elaborazione.

Spero vivamente che nasca una lista chiamata IL NON PARTITO PER SAN MARCO.

Lettera firmata

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