Cingolani ministro della transizione ecologica e le sue amicizie importanti sul Gargano

di Antonio Del Vecchio

Accolta con giubilo anche a Rignano Garganico e a San Marco in Lamis la nomina di Roberto Cingolani a Ministro della Transizione ecologica nel Governo Draghi, assorbendone le competenze in materia energetica, disperse finora in altri settori della pubblica amministrazione.

E questo alla pari di quanto già accadde per l’investitura a Presidente del Governo di Giuseppe Conte, studente del locale Liceo Classico “Giannone”. Questa volta lo è forse in misura maggiore per via di due suoi amici di cordata alla Facoltà di Fisica dell’Università di Bari, dove il neo Ministro in menzione, peraltro figlio d’arte, si laurea in fisica ed insegna fino al 1992, come professore associato, per poi passare all’Università di Lecce, dove vi resta per alcuni anni, insegnando la medesima materia alla Facoltà di Ingegneria. Poi lascia e va in giro per il mondo (Usa e Giappone) per far ritorno nel medesimo Capoluogo Salentino pochi anni dopo. Ed è qui che nel 2001 fonda e porta alle stelle il National Nanotecnology Laboratory.

Gli amici e colleghi garganici di Cingolani si chiamano Piero Massaro, originario di San Marco in Lamis, scomparso alcuni anni or sono, e Vincenzo Augelli della vicina Rignano, da poco in pensione. Addirittura con quest’ultimo avrebbe firmato e pubblicato negli anni ‘90 talune importanti ricerche sul tema. A confidarcelo è lui stesso, ricordando con piacere l’esperienza su accennata e compiacendosi nel contempo dell’ascesa ultima dell’amico in un dicastero così importante ed innovativo.

Infatti, alla nostra domanda, inoltrata via messenger: “Il fisico Roberto Cingolani, neo ministro, era un tuo collega a Bari?”, ci ha risposto: “Ti posso dire che quando lui si è iscritto a fisica io ero un giovane ricercatore. Quando era professore a Lecce abbiamo collaborato sullo studio di strutture quantistiche pubblicando su riviste internazionali nel 1997 e nel 1999. Ci sentiamo ogni tanto per telefono . E’ molto bravo ovviamente – ha continuato – per essere stato nominato direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia e direttore di Leonardo”.

E Paglicci? Gli abbiamo chiesto ancora, conoscendo il suo profondo ed annoso attaccamento ad uno dei siti paleolitici tra i più importanti del mondo, presenti in loco – ha aggiunto: “Essendo Cingolani Ministro anche dell’Ambiente, si potrebbe cercare di risolvere il problema. Se il sindaco vuole – precisa – me ne potrei occupare personalmente, ma avrei bisogno di tutta la documentazione relativa”. Di Paglicci, Augelli si occupa costantemente. Non manca mai ad un convegno sul tema, come lui stesso ci raccontava qualche tempo addietro: “Circa vent’anni fa, un gruppo di fisici dell’Università di Bari, venne a visitare la grotta durante un periodo di scavi e con alcuni colleghi archeologi scrivemmo un progetto che aveva come obiettivo la datazione di reperti.

Ma tale progetto non fu finanziato dagli enti ai quali lo sottoponemmo. / Ancora oggi alcuni ricercatori sono disponibili a riconsiderare la questione. Siamo in grado, tramite tecniche di termoluminescenza o del carbonio 14, di datare reperti organici o ceramici o selci o argilla. Nel caso vi fosse ancora un interesse in tal senso, il dipartimento di fisica dell’Università di Bari e’ ancora disponibile. / Per concludere: essendo stato ricercatore e docente per oltre 40 anni, so che i risultati non vengono da soli, bisogna volerli e per vederli bisogna impegnarsi e lavorare e, come dicono i miei amici autori nel loro libro L’oro di Grotta Paglicci , è necessario rimboccarsi le maniche. / Cerchiamo di far seguire i fatti alle parole. Io sono disponibile a dare il mio contributo”.

E’ sulla questione  Museo, pronto ad aprire ad horas i battenti, che ci dici, in particolare? Occorre attuare da subito – risponde – una “Cittadella della scienza” , oltre al museo grotta Paglicci. E questo per iniziare a far sorgere nei nostri ragazzi la passione e l’interesse per la scienza. / Ma, per tornare alla Grotta Paglicci, vorrei sottolineare che la ricerca archeologica non può prescindere dal contributo delle discipline scientifiche”.

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