Anche la Storia abbandona San Marco!

A San Marco continuano a scomparire istituzioni e costumi della nostra tradizione e nessuno sembra accorgersene. Non è passato molto tempo da quando è stato chiuso l’Istituto “San Giuseppe” delle suore di Santa Chiara, che ha rappresentato una pietra miliare della nostra storia (chissà quanti hanno pensato anche alla lapide che ricorda la casa natale del teologo gesuita padre Piccirelli posta su quell’edificio).

Ma, oramai, sembra che siamo in discesa e che nessuno possa fermare questa corsa alla dissoluzione di un patrimonio storico e culturale che era, è, e dovrebbe continuare ad essere, la ragione della nostra identità cittadina.

Infatti, solo per fare un altro esempio, il 4 ottobre scorso non c’è stata la tradizionale processione di San Francesco: anche in questo caso, è un pezzo di storia identitaria che se va.

La ricorrenza di San Francesco ha rappresentato sempre per i sammarchesi un momento di grande partecipazione popolare: a San Francesco si faceva la “scampagnata” presso il convento di San Matteo, era una vera e propria festa popolare, un momento di fede per rinsaldare i legami di appartenenza alla stessa comunità, nello spirito francescano appunto.

E la processione andava a Borgo Celano non per puro caso: l’originario nome dell’insediamento, voluto dai Frati di San Matteo, in primo luogo, agli inizi del Novecento, era, infatti, “Villaggio San Matteo”.

Ma, come se non bastasse, sono sempre più insistenti le voci di chiusura e ridimensionamento del Santuario di Stignano, mentre per San Matteo addirittura si vocifera della eliminazione del Presepe per far posto ad un bar, dimenticando che si tratta, forse, dell’unico presepe artistico permanente in provincia di Foggia, meta di tanti visitatori.

Non si sa se ridere o arrabbiarsi quando da qualche parte si sente dire o si legge che San Marco è una “Città tra due conventi”, anche perché San Marco è uno dei pochi Comuni italiani che, senza distinzione di colori ed ideologie politiche, ha restituito, insieme a privati cittadini, ai Frati tutti e due i monasteri soppressi e incamerati come beni dello Stato e posti addirittura in vendita.

E che dire, poi, del fatto che il percorso della Via Francigena ha escluso completamente il nostro centro abitato: siamo veramente alla distruzione di quanto sopravvissuto nel tempo delle nostre radici di fede, di storia, di cultura, di socialità.

Bisogna fare qualcosa! Le  istituzioni civili, quelle culturali, le associazioni, i singoli cittadini e, soprattutto, quelli che hanno ruoli importanti nel tessuto cittadino per posizione sociale, professionale o culturale, non possono stare in silenzio: abbiamo tutti il dovere di preservare per i nostri figli ed i nostri nipoti queste splendide tradizioni.

Lettera firmata

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