San Marco in Lamis, espropri e dissesto finanziario: intervista a Giuseppe Soccio

Avendo avuto notizia della sentenza (n. 1332/2020 pubbl. il 20/07/2020 – Allegato 1) riguardante l’esproprio per le case popolari di Via Celano, abbiamo rivisto un articolo sull’argomento del 2011 di Giuseppe  Soccio (Allegato2) e, così, abbiamo pensato di realizzare questa intervista, lunga ma interessantissima, e di pubblicare alcuni documenti sulla vicenda degli espropri e sul collegamento che hanno con il dissesto finanziario del Comune, poiché, senza leggere i documenti, è difficile riassumere la vicenda con battute o slogan.

La sentenza dà ragione al Comune per la prima volta in questa complessa vicenda: che ne pensa?

Penso che, se il Comune avesse affidato le sue difese a persone coscienziose, se si fosse costituito, come pure avevo suggerito, in tempo in Cassazione, quando gli espropriati, non soddisfatti del già liquidato raddoppio delle indennità, per la prima volta (allora) videro respinte le loro pretese, e se funzionari ed amministratori dell’ente avessero risposto puntualmente alla delegazione del Governo presso la CorteEDU, sicuramente sarebbero venuti fuori quei veri e propri stravolgimenti della realtà contenuti nelle varie sentenze (ad insaputa dei giudici chiaramente).

Quali sono questi stravolgimenti della realtà?

Il primo e determinante è quello costituito da una sentenza del TAR del 1990, che annullava la deliberazione n. 111 del 1976 del Commissario Prefettizio (dopo 14 anni!) di approvazione di una variante per edilizia economica e popolare. Questo annullamento ha fatto dire a tutti i tribunali, compreso l’ultimo, che l’acquisizione dei suoli è da considerarsi usurpativa perché operata sulla base di atti inesistenti sul piano della legalità: niente di più lontano dalla realtà. Gli espropri sono avvenuti sulla base di precisi e numerosi atti adottati successivamente dal Consiglio Comunale, mai annullati, che superavano completamente la deliberazione del Commissario (tanto, anche se come eventualità, è persino fatto rilevare dal TAR, ma nessuno ha impugnato la sentenza davanti al Consiglio di Stato). Del resto, grazie a quegli atti, anche i vari proprietari hanno potuto realizzare ingenti cubature (prima si trattava di verde agricolo, passato, poi, addirittura a zona B). Se non vi sono atti legittimi per case popolari e cooperative, non ve ne sono nemmeno per tutti gli altri palazzi realizzati in quella zona! Poi, la realtà è stata stravolta anche perché nessuno ha mai fatto rilevare, ai vari tribunali, che i proprietari, inizialmente, avevano manifestato per iscritto la volontà di donazione dei terreni e che era già stata avviata la pratica in tal senso (esistono deliberazioni del Consiglio Comunale e lettere della Prefettura e della Regione). Infine: il rappresentante del Governo presso la CEDU chiedeva continuamente notizie al Comune circa l’esito del procedimento presso la Corte di Appello di Bari, ma il Comune non ha mai risposto. Se, o il Comune o gli interessati, avessero detto alla CEDU che la Corte di Appello di Bari si era pronunciata nel 2006, nel 2008 non ci sarebbero state le sentenze della CEDU e la duplicazione susseguente delle indennità. Tutto questo è detto molto chiaramente nella nota della Rappresentanza Permanente d’Italia presso il Consiglio d’Europa n.694/RIC/512 del 27.06.2010 (Allegato 3), che parla espressamente di duplicazione dei pagamenti e di eventuali responsabilità da accertare, oltre che nell’ultima sentenza delle Corte di Appello di Bari, che vede il Comune finalmente ascoltato. Ma, queste cose sono dette in maniera dettagliata nel mio articolo del 2011, che, lasciatemelo dire, nessuna forza politica ha commentato (nemmeno quelle che sono state protagoniste di operazioni urbanistiche ed amministrative coraggiose, che hanno consentito la realizzazione di qualche centinaio di alloggi tra case popolari e cooperative).

Ma, ora, la vicenda può dirsi, nonostante tutto, conclusa?

Solo in parte può dirsi conclusa perché, sempre per lo stesso piano di edilizia economica e popolare, rimane in piedi il contenzioso con L’Opera Pia Gravina, oltre a numerose altre pratiche di esproprio, come si può desumere dalla deliberazione della Giunta Comunale n. 38 del 09-06-2020 (e relativi allegati del Ragioniere e del dirigente del Settore Urbanistica – Allegato 4) e dalla deliberazione dell’OSL n. 43 del 14 luglio 2020 (Allegato 5). Ci sono in piedi pratiche per oltre 4 milioni di euro per procedure espropriative (€ 3.412.334,83. segnalati dal responsabile del Settore Urbanistica più 1 milione di euro evidenziato dallo stesso OSL) e di € 4.129.874,59 per reintegrare i fondi vincolati e spesi per altro dei Servizi Sociali (che non sono più 3 milioni e mezzo, ma oltre 4 milioni perché sarebbero state dilapidate anche le quote versate dai comuni di San Nicandro, San Giovanni e Rignano). E, per quello che è dato capire dalle due deliberazioni, la questione à ben lontana da una soluzione definitiva (sarà forse questo il motivo per cui l’OSL, con la deliberazione n. 35 del 06.05.2020 – Allegato 6-, ha chiesto di integrare il fondo per il suo funzionamento e portarlo da € 300.000 a € 550.000). Sulla vicenda dell’Opera Pia ho scritto all’OSL, e ad altri organi comunali, già un anno fa, senza ricevere alcun riscontro, e non voglio insistere su questo perché in questa nostra San Marco non si discute di fatti ma, come ho detto altre volte, del colore delle calze delle persone che evidenziano i fatti. Quando ci saranno documenti e risposte ufficiali e definitive ci confronteremo sui documenti, appunto, e non sulle insinuazioni, come è avvenuto per l’esproprio di cui abbiamo parlato prima (comunque, ho messo nero su bianco e chiunque può verificare).

Quindi, anche il risanamento finanziario non sarebbe definito, ancora non usciamo dal dissesto. Potrebbe chiarire meglio?

Dalle deliberazioni della Giunta e dell’OSL citate prima, si capisce che la Giunta chiede all’OSL di accantonare, dopo il pagamento dei debiti ammessi e conciliati, ciò che avanza dalla massa attiva ai fini delle reintegrazione delle somme vincolate per i Servizi Sociali. Per fare questo, però, l’OSL deve conoscere l’esatto ammontare degli espropri ed imputa agli uffici la colpa dei ritardi. La Giunta, pertanto, e credo non si tratti di un gioco delle parti preordinato, chiede all’OSL di poter assumere o stipulare convenzioni con tecnici esterni per definire le pratiche espropriative. L’OSL risponde che il Comune dispone di personale qualificato per farlo e che spendere altri soldi potrebbe configurarsi come danno erariale. A questo punto, tutto viene scaricato sulle spalle del Responsabile del Settore Tecnico che, obiettivamente, in questo momento ed a parte il passato, non può definire tali pratiche in poco tempo.

Ma, in pratica, quanti debiti ci sono ancora?

Sarebbe dovere del Sindaco, dell’Assessore al Bilancio, dell’Assessore al Contenzioso, del Consiglio Comunale, e del suo Presidente soprattutto, informare i cittadini: loro possono disporre di tutte le informazioni (tra l’altro, sia il sindaco che il presidente del consiglio comunale stanno a Palazzo Badiale da svariati anni, anche prima di questa consiliatura). Io, come qualsiasi altro semplice cittadino, posso solo attenermi agli atti pubblicati e fare delle congetture. L’OSL, inizialmente, aveva quantificato la massa passiva (le somme da pagare) in € 10.643.998,22 (Allegato 7 – Delibera OSL n. 16 del 2016), poi aggiornata in € 16.490.194,78 (Allegato 8 – Delibera OSL n. 4 del 2017), dopo aver aggiunto i fondi vincolati dell’Ambito di Zona, che, però, all’epoca risultavano di € 3.651.574,63 (sono cresciuti nel frattempo!). Ora, nella deliberazione OSL n. 43/2020, come abbiamo già detto, si parla di € 4.129.874,59 per reintegrare le somme vincolate dei Servizi Sociali e di € 4.412.334,83 per pratiche espropriative. Ci sono, quindi, € 8.542.209,42 da pagare. Ancora non c’è, però, o almeno io non ne sono a conoscenza, un resoconto-riassunto dell’OSL delle altre somme già pagate per altri debiti (si ricordi che la transazione oscilla tra il 40% e il 60% e, pertanto, quello pagato non corrisponde a quello inizialmente previsto). Inoltre, bisognerebbe sapere quanti non hanno accettato la transazione e, addirittura, hanno già aperto il contenzioso e se, nel frattempo, si sono aggiunti altri debiti (ad esempio, c’è stata la restituzione all’INPS di € 51.509,95 per contributi eventi sismici – deliberazione OSL n. 42 del 2020 – ed € 250.000 per maggiori spese di funzionamento dell’OSL, ecc.).

Pagherà tutto l’OSL oppure no? Ci sono i soldi per farlo?

Questa è un’altra domanda da rivolgere a Sindaco, Assessori e Consiglieri, i quali hanno l’obbligo di informare i cittadini perché si tratta del futuro di una città “in decadimento” continuo ed accelerato, che non può certo essere attenuato da qualche marciapiedi o dalla manutenzione di qualche edificio, su cui, al contrario, la propaganda è, dato il contesto, così esagerata e tale da allontanare ancora di più i cittadini più accorti dalle istituzioni perché si sentono presi in giro, sottovalutati nella loro intelligenza. Per quello che mi risulta, ci sarà bisogno di chiedere ulteriori anticipazioni al Ministero dell’Interno, che credo non siano a fondo perduto (ma, anche su questo gli amministratori hanno il dovere di chiarire se si tratta di un prestito da restituire) e che, poi, L’OSL accantonerà per risolvere il problema dei fondi vincolati dei Servizi Sociali. Ma, mentre sul fronte delle uscite qualcosa si riesce a capire, su quello delle entrate non si capisce quasi niente: ad esempio, la vendita o l’affitto di immobili comunali fanno parte della cosiddetta “massa attiva”? I circa 800.000 euro degli usi civici dove sono contabilizzati? E poi: sono state riscosse le somme per spese di giudizio nelle cause vinte dal Comune (e sono diverse)? Ci sono ancora oneri di urbanizzazione da recuperare? Le strutture sportive e ricreative, come il Parco Avventura ed altre, hanno prodotto guadagni per il Comune? Ed altro ancora su cui si avrebbe l’obbligo di dire qualcosa da parte di chi gestisce il Comune.

Allegati:

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